Per incentivare l’acquisto di auto ad emissioni zero, la filiera automotive ha chiesto al Governo incentivi non solo per le vetture elettriche ma anche per l’installazione di colonnine di ricarica fast.
Questione incentivi
Si è chiesto al Governo di favorire l’avanzamento della mobilità elettrica attraverso incentivi a favore. L’intento è quello di abbassare il più possibile i costi di acquisto di una vettura green. Inoltre è fondamentale l’installazione di sempre più colonnine fast. Quello della ricarica infatti risulta spesso un deterrente per la scelta di una vettura full electric.
Michele Crisci, presidente di Unrae, l’associazione dei costruttori, conviene con Paolo Scudieri, presidente di Anfia, associazione dell’industria automotive nazionale circa le ultime dichiarazioni. Ambedue infatti hanno affermato che le auto attualmente in circolo rappresentano un’enorme fetta dell’inquinamento ambientale. Le auto al momento costituiscono l’1% elle emissioni di CO2. Il presidente di Federauto, i concessionari, Adolfo De Stefani Cosentino, ha aggiunto inoltre che gli incentivi rappresentano una parte importante per l’attuazione del progetto. Ci riferiamo al progetto che permette di immettere nel mercato sempre più auto ad emissioni zero, portando all’estinzione delle vecchie auto a combustione.
Le problematiche attuali
Il problema rilevato consiste nel riscontrare che le auto attualmente rottamate sono ancora poche. Questo fenomeno è dato dal fatto che gli incentivi si limitano all’acquisto di auto solo termiche o al massimo ibride senza spina. In questo caso le emissioni di CO2 diventano quasi nulle.
Gli incentivi nascono come stimolo temporaneo alla domanda. Questi mirano infatti a sottolineare il fatto che comprare oggi è meno costoso di domani. Contrariamente se diventano strutturali, si trasformano da stimolo ad un abbattimento di prezzo di certe auto. In questo caso si lascia all’acquirente la facoltà di scegliere quando acquistare senza essere penalizzato dal tempo in cui viene fatto l’acquisto. Così facendo colui che investe troverà sempre e comunque un vantaggio.
È stata però mosso un dubbio circa la trasformazione in stimolo strutturale. Questo riguarda il fatto che in ogni caso gli incentivi rappresentano comunque soldi (a debito) dei contribuenti. Attraverso questi infatti, gli acquirenti già contribuiscono a sostenere le energie rinnovabili. Secondo Crisci occorre che queste siano strutturali almeno fino al 2026 per far sì che tutti si facciano carico della sostenibilità. È stato riscontrato infatti, all’estero, che nel momento in cui calano gli incentivi calano anche le vendite.
Questa ultima osservazione è vera nel momento in cui le vendite aumentano secondo le aspettative. Di conseguenza si può riscontrare un calo effettivo. Non è quello che al momento si può riscontrare in Italia rispetto agli altri paesi dell’Europa. Facendo un esempio possiamo vedere che In Francia e UK le elettriche pure (BEV) sono ben oltre il 6% del mercato alla pari con le plug-in (PHEV). In Germania arrivano a superare rispettivamente il 9 e l’11%. In Italia le BEV sono al 2% e crescono del 33% mentre le PHEV, sopra il 3%, crescono del 238%.
La situazione in Italia
Al momento in Italia le vetture ecosostenibili più in voga sono le ibride senza spina che a febbraio hanno superato le vetture diesel. Il motivo di questo ritardo è dato dall’installazione ancora troppo lenta delle colonnine di ricarica. In questo aspetto siamo decisamente indietro rispetto agli altri paesi europei. Scudieri rafforza questa osservazione sostenendo che gli automobilisti devono poter essere in grado di viaggiare senza la paura di rimanere a ‘secco’. Occorre perciò sviluppare una rete capillare per quanto riguarda le colonnine di ricarica.
Per ovviare a questa carenza ci si aspetta il ricorso ai fondi del Next Generation EU. Si tratterebbe di portare in giro una rete di energia potente, per reggere assorbimenti di oltre 100 kW. Crisci sostiene che la politica dovrebbe fissare i suoi obiettivi in base al sentiment popolare. Occorre poi stabilire quali obiettivi debbano essere veloci e stringenti e quanti rischi portano all’industria. Si sostiene così la tesi secondo cui la sostenibilità ambientale debba andare di pari passo alla sostenibilità economica.